Emissioni ottiche e raggi X a seguito di un brillamento solare

L'atmosfera terrestre presenta alle varie lunghezze d'onda elettromagnetica, la metà dell'assorbimento a differenti altitudini, come mostrato in Fig. 1.
Nello spettro del visibile l'atmosfera terrestre offre una finestra di esiguo assorbimento.

1 Å (angstrom) = 0,1 nm
oppure 1-10 m
Fig. 1
Fig.2

Le emissioni di un brillamento solare nello spettro ottico, ossia nelle frequenze a cui il nostro occhio è sensibile, è illustrato in Fig. 2, sia per un tipico brillamento di breve durata, che per un atipico brillamento di lunga durata.

Un brillamento solare produce una radiazione abbondante su tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio che diventano sempre meno energetiche verso le lunghezze d'onda più lunghe, alle lunghezze d’onda sempre più corte e man mano più energetiche. I raggi X e raggi-gamma sono in ordine progressivo le onde elettromagnetiche ad energia più elevata. L'energia "E" di un fotone si misura in joule e si calcola con la nota equazione di Einstein: E = h · v
h è la costante di Planck che vale 6.625 · 10-34 J · s
v è la frequenza che si misura in Hz (Hz = 1/s).
L'energia E di un fotone essendo un quanto, la quantità elementare discreta e indivisibile di una radiazione elettromagnetica, può assumere solo valori pari a: E = n · h · v.
Un solo fotone per volta, e non l'intera onda nel suo complesso, interagisce singolarmente con un elettrone di un rilevatore di brillamenti solari. Aumentando l'intensità della radiazione elettromagnetica di pari frequenza, significa aumentare il numero di fotoni al secondo che colpiscono l'unità di superficie del rilevatore, questo aumenta il numero degli elettroni estratti ma non la loro energia cinetica; solo con l'aumentare dell'energia dei fotoni incidenti, ossia quando aumenta la frequenza del fotone, aumenta anche l'energia cinetica degli elettroni estratti.
In luce bianca, solamente i fenomeni più brillanti e intensi possono rendersi visibili, a causa della superficie normalmente luminosa del Sole. La maggioranza dei brillamenti è visibile in luce ottica soltanto osservando alcune particolari linee spettrali tramite filtri ottici a banda stretta. Un metodo di classificazione dei brillamenti solari, utilizzato anche dagli astrofili, si basa su osservazioni ottiche nello spettro H-alfa, una delle righe di Fraunhofer.
L’esigenza, a livello professionale, della diagnostica di un brillamento solare sempre più rapida, unita alla disponibilità di una maggiore risoluzione energetica e di contrasto sull'emissione dello "sfondo di silenzio del Sole" e la possibilità di poter utilizzare informazioni dirette sui prodotti energeticamente dominanti che rilasciano energia, non fruibili nelle emissioni a qualsiasi altra lunghezza d'onda, sia ottica che radio, ha portato alla detezione della radiazione solare nella banda X.

Il diagramma in Fig.3 mostra, nella banda passante da 0,1 a 0,8 nm, una sequenza continua, a intervalli di 5 minuti, della luminosità reale di un brillamento, rilevata mediante il Solar X-ray Imager (SXI) del satellite geostazionario GOES 15, un telescopio per raggi X di tipo Wolter, dotato di un rilevatore CCD appositamente progettato per essere sensibile ai fotoni X. Quando i fotoni dei raggi X vengono deviati nel piano focale dagli specchi del telescopio, colpiscono un pixel nel rilevatore e lo illuminano. In quel momento, ne si conosce l’ora, la posizione e l'energia esatte.

Fig. 3
risoluzione R = FWHM/fmax
Fig.4
* Larghezza a metà del massimo di una funzione d'onda.

L'osservazione nella banda X prevede due metodi principali, quello ottentuto tramite congegni che sfruttano i conteggi, oppure tramite i telescopi. Entrambi i casi sono specificamente progettati per essere in grado di etichettare un fotone X con una precisione nell'ordine dei µs e una risoluzione energetica dei brillamenti nell'ordine di qualche centinaio di eV, calcolata come rapporto tra FWHM ed il valore energetico di picco, vedi Fig. 4. I dati possono essere raccolti in canali di energia a diversi livelli.

Raggi X e γ (gamma)

La Fig. 5 mostra i raggi X rilasciati da un brillamento solare.
I raggi X duri, quelli maggiori di 30 keV, sono la radiazione ionizzante che colpisce l'atmosfera terrestre e persistono solo per un minuto o due.
I raggi X molli possono invece durare da decine di minuti a oltre un'ora, inondando per tutto il tempo la Terra con radiazioni ionizzanti.

Fig. 5

I raggi X da brillamenti molto grandi possono anche penetrare nella nostra atmosfera fino ad un livello vicino al suolo. Ciò ionizzerà fortemente anche lo strato D, causando un blackout radio in HF per diverse decine di minuti. Questo è abbastanza raro, accade solo poche volte in ogni ciclo solare.
Se non fosse un indicatore che stanno per succedere altre cose che riguardano le attività delle telecomunicazioni radio, di certo le proprietà luminose di un brillamento solare non sarebbero state particolarmente importanti per il radioamatore.

Suggerimenti
Se sei in un QSO quando un grande brillamento provoca un blackout HF, raramente dura più di un'ora. Se stai lavorando ad un contest fai una pausa, ma non QRT!
Puoi sfruttare i vantaggi dei brillamenti solari, forniscono una ionizzazione extra agli strati E / F che ne migliora la riflettività e una più elevata massima frequenza usabile (MUF).
Ciò renderà possibile effettuare buoni collegamenti DX fino al tramonto e il miglioramento della riflettività ionosferica si traduce anche in miglior rapporto segnale/rumore.
Una MUF più alta significa che si aprono le bande più alte, specialmente durante gli anni dei minimi solari.